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Oria: “Sallentia”, Vincenzo Sartorio in mostra sino al 30 agosto

Eventi

Scritto da il 8 Agosto 2013 - 15:45

Visitabile tutti i giorni dalle 19:00 in via Francesco Milizia n.139, ad Oria.

vincenzo-sartorio

Vincenzo Sartorio (Foto Cosimo Fanuli)

Nel quartiere ebraico del centro storico di Oria, in un ex frantoio degli inizi del Novecento, Vincenzo Sartorio espone la sua personale mostra d’arte contemporanea “Sallentia”.

Un viaggio nel territorio attraverso le sensazioni e il vissuto di un giovane artista, che esprime l’amore e il conflitto con il proprio paese natale. La bellezza del territorio e delle tradizioni in contrasto con l’aridità verso la cultura e con l’inquinamento, la sporcizia delle terra.

La mostra prende il nome dal territorio in cui Vincenzo Sartorio vive ed è vissuto da bambino (a parte il periodo in cui ha studiato a Modena), dall’amore e odio per una terra che lo accoglie e lo rifiuta, in cui sembra non esserci posto per l’arte e la cultura, ma che non riesce ad abbandonare.

Si respira Salento nella mostra: oltre a quadri che ritraggono ulivi, pizzica, tarantate, paesaggi tipici l’intera installazione che accompagna i dipinti è realizzata con materiale dalle terre e dalle spiagge salentine: pietre, rametti, foglie, persino legno bruciato.

Vincenzo è giovanissimo, questa è la prima mostra personale dopo diversi collettivi. Ha realizzato tutto da solo, il suo vissuto è tormentato e l’arte è la sua salvezza. Dipinti materici di paesaggi e colori della terra di Puglia, installazioni multi-sensoriali realizzate con materiali di riciclo raccolto dalle spiagge e dalle campagne del leccese e del brindisino.

Per lui è una mostra importante perché rappresenta la transizione della sua arte, già passando da un androne all’altro si capisce la differenza tra il prima e il dopo. Nel primo androne le pennellate sono potenti, materiche, corpose mentre nel secondo cambia il gesto della pittura, pennellate frentiche, veloci, meno corpose dando vita a dipinti simbolici.

Inoltre, le pareti del frantoio sono state riempite di segni e simbili che richiamano i graffiti rupestri. Vincenzo ha creato un vero e proprio linguaggio, che vuole rendere comprensibile a livello universale, leggibile da tutti e che abbia una natura cosmica, che sia eterno. Per questo si è ispirato al linguaggio primordiale, alla nascita della comunicazione, un’esigenza nata dal mondo in cui viviamo, in cui la comunicazione è sempre filtrata da vari mezzi (computer, telefono, social) sfiorando l’irreale. Un desiderio di ritornare al linguaggio puro e diretto, all’origine dell’uomo.

Il testo di presentazione della mostra, a cura del dott. Luca Carbone

sallentiaDopo Kandinskij e dopo Burri, due grandi “maestri” per Vincenzo, cos’è il colore e quali gesti fanno l’arte? Sono due tra le domande che hanno guidato la ricerca artistica ed umana di Vincenzo nell’ultimo periodo, un periodo che lui segnala come di transizione.

“Transizione” venga considerato punto di riferimento per voi spettatori di questa rappresentazione che comunemente chiamereste mostra, perché per Vincenzo la transizione non è stata soltanto una fase di passaggio da uno stile ad un altro ma un periodo in cui il suo stile sta consistendo proprio nel rappresentare il cambiamento.

Molto probabilmente l’espressione estetica del concetto di cambiamento ha il corrispettivo psicologico profondo di un cambiamento personale ed intimo non soltanto artistico di Vincenzo, ma è evidente la presenza in ciascuna sua opera qui esposta di un elemento di richiamo al cambiamento; primo tra tutti, proprio sulla scorta delle sue ispirazioni burriane ed informaliste, il cambiamento da oggetto di rifiuto a materia d’arte: vecchi ferri, vecchie doghe di legno, usurati oggetti un tempo di uso quotidiano e rotti pezzi di manichino diventano i tanti mattoni con cui Vincenzo ha costruito la sua denuncia di un uomo sommerso dagli scarti della paura di guardarsi dentro, creatore della società dei consumi distratti di oggetti tra cui anche le relazioni interpersonali.
Ulteriore richiamo al cambiamento è il rifacimento alla tradizione culturale salentina, alla nevrosi/rito del tarantismo e alle culture preistoriche, antiche e rupestri (delle quali Vincenzo ha colto soprattutto la tensione cosmologica della loro arte), culla dell’uomo che diventa creatore di senso, significati e cultura.

Ma questa rappresentazione, come in certe correnti contemporanee del teatro, l’atto scenico supera il limite fisico e psicologico del palco e della separazione attore/spettatore, trascende Vincenzo come autore, trascende le opere come l’inconfondibile collezione di artefatti creati da Vincenzo e persino voi spettatori come semplici fruitori di questo prodotto: tutta la mostra è un’unica installazione, complessa e mutevole perché complessi e mutevoli siamo tutti noi così carichi di personaggi al nostro interno. Ma c’è di più: la mostra che avete visitato non si è ancora conclusa o se state per visitarla non si concluderà uscendone. E forse per voi, sono spiacente, non è mai cominciata.

Il soggetto di questa mostra è il Tempo, suoi genitori siamo tutti, di opere ce ne sono diverse, una sola…o nessuna se non cominciate finalmente a vivere.

Vincenzo è solo di passaggio, solo di colori, solo di pietra e solo (?), speriamo, di ricordi.

Cos’è l’Uomo? E cosa è l’Arte? Sono altre domande poste da Vincenzo a se stesso e a me durante il lavoro di composizione di questa mostra. L’uomo noi crediamo che sia fatto di storie, di Storia, e quindi di Tempo; l’arte è il tentativo umano di fermare il Tempo per comprendere se stesso, strappare un attimo all’evanescente inconsapevolezza umana di sé e concederlo all’eterno degli umani perché.

Questa mostra non ha alcuna intenzione di piacervi né di essere capita da tutti. Non si può riassumere una vita o comprendere il comune terreno dell’inconscio umano in pochi metri di tela.

La vera mostra non finirà mai, e mai smetterete di esserne autori o spettatori.

Almeno però cominciate da questo seme se non l’avete ancora fatto.

Oria: “Sallentia”, Vincenzo Sartorio in mostra sino al 30 agosto

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