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Oria: Alessandro Perrucci replica al consigliere Sorrento

Politica

Scritto da il 26 Maggio 2013 - 2:36

Dr. Alessandro Perrucci, segretario del PD di Oria

Dr. Alessandro Perrucci, segretario del PD di Oria

Il segretario cittadino del PD, Alessandro Perrucci, replica al consigliere Gianfranco Sorrento. Intervento integrale a seguire.

LA CATTEDRA DELL’INDIGNAZIONE
Lo scorso fine settimana giornalistico locale ha fatto registrare un’indignazione (!!!) da parte di un consigliere comunale di opposizione rispetto ad alcune assunzioni nel settore dei Servizi Sociali, accomunando in un unico, grande e grosso calderone casi molto dissimili tra loro. Per dover di cronaca, è bene ricordare che il medesimo consigliere militava pochi mesi fa in maggioranza, salvo poi passare all’opposizione perché fortemente convinto di una nuova idea di politica, capace di abbandonare “per sempre i metodi del clientelismo, della demagogia e del ricatto morale in favore di una politica che [abbia] uno slancio più etico e capace di operare davvero per il bene comune” ; stesso percorso seguito nella scorsa legislatura, quando era stato prima nella maggioranza di centrodestra per poi passare nell’opposizione di centrosinistra (percorso inverso) determinando, di fatto, la fine di quell’amministrazione, più o meno per gli stessi motivi: corsi e ricorsi direbbe Giambattista Vico, solo che nel nostro caso uguali non sono solo i processi storico-politici, ma anche i personaggi. Dopo questo incipit doveroso ai fini di una comprensione profonda del soggetto il cui sentimento di indignazione è un “tantino” fluttuante al punto da essere paragonato alla più grande escursione termica della storia, avvenuta a Browning, Montana, quando tra il 23 e il 24 gennaio 1916 la temperatura scese da 6,5 a -49°C, è possibile procedere. Ci tengo a precisare come le mie parole riguardino solo il mio caso che, carte alla mano, merita di essere trattato singolarmente. Passiamo alla cronaca.
• Gennaio 2012-Maggio 2012: a causa di pressanti richieste provenienti dalle Assistenti Sociali di vari Comuni che costituiscono l’Ambito Br/3, la cooperativa appaltante decide di assumere una figura maschile finalizzata all’erogazione di un servizio di educativa domiciliare per minori. Le funzioni da assolvere riguardano compiti educativi nei confronti di minori e anche didattici per quei profili che necessitano di aiuto scolastico. Dovere della cooperativa fu, dunque, quello di individuare un profilo professionale che rispondesse ai requisiti necessari per svolgere tale compito; è bene ricordare che la Cooperativa medesima assume per chiamata diretta, senza un bando pubblico attraverso cui selezionare il personale. Fu allora che venni contattato personalmente da uno dei dirigenti in quanto già datore di lavoro di mia sorella da oltre 10 anni per il servizio di integrativa scolastica. Dopo un lungo colloquio con il dirigente medesimo che nel frattempo aveva effettuato un’indagine curriculare sul territorio per l’individuazione della figura richiesta con i rigidi requisiti previsti dal Regolamento regionale, è stata decisa la mia assunzione. Fosse stata necessaria una figura femminile, l’abbondanza delle offerte di candidature avrebbe di certo facilitato una selezione, ma il profilo dell’educatore maschile ha comportato una difficoltà oggettiva di selezione. Proprio a tal proposito, è necessario ancora una volta ribadire come la mia assunzione sia stata possibile solo perché non si riuscivano a individuare profili professionali così schematizzati come richiesto dal Bando. Infatti, prima di assumere il sottoscritto, fu selezionato un altro professionista, in prossimità di conseguire la laurea richiesta ma non ancora laureato; sull’individuazione di tale figura (e non sulla figura in se, ragazzo stimabile e rispettabile) taccio per motivi di pudore; tuttavia, le sue prestazioni sono poi terminate (o forse non sono mai iniziate) per motivi a me sconosciuti e comunque non funzionali ai fini della mia posizione. Inoltre, fu contattato anche uno psicologo, il quale però declinò l’offerta lavorativa perché già impegnato nella sua professione. Insomma, era tutto pronto affinché il servizio iniziasse con le mie professionalità, le quali furono ritenute all’altezza del compito: oltre a una Laurea in Lettere Moderne e una Specialistica in Storia Contemporanea, il mio curriculum presenta, tra le altre cose, anche esperienze nel settore formativo ed educativo presso un orfanotrofio femminile e presso una casa-famiglia dove ho svolto proprio i ruoli richiesti nel bando. Dunque, al di là della specifica laurea, i titoli in possesso erano, in quel preciso momento, quelli più affini e soprattutto disponibili sul territorio. Tra l’altro, a voler essere flessibili, i requisiti del personale richiesti dalla cooperativa e presenti nel Capitolato d’appalto possono essere pienamente in linea con i titoli in mio possesso. Infatti, così recita il regolamento: “Educatori professionali, in possesso di titolo di Laurea in Scienze dell’Educazione o Laurea ad indirizzo Psicologico o Pedagogico così come indicato nell’art. 46 del regolamento Reg. n. 4/2007, con comprovata esperienza risultante da curriculum” . Dando per assodato come le esperienze siano valide ai fini della selezione, nel bando, come si può notare, si fa riferimento a Lauree con indirizzo Psicologico o Pedagogico, non Laurea in Psicologia o in Pedagogia, profili professionali che difficilmente sono disponibili a esercitare questa professione per poche centinaia di euro al mese, sempre che le si trovi. Inoltre, lo sbocco fisiologico occupazionale della mia Laurea sarebbe quella del Professore di Scuole medie inferiori o superiori, dunque molto affini agli indirizzi pedagogici (preciso ancora come io, prima di passare alla Facoltà di Lettere, ho frequentato per ben tre anni la Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Sociologia). Nonostante questi titoli, la mia candidatura fu bruciata dalla mia carica di Segretario politico di maggioranza, come se non avessi diritto come tutti gli altri al lavoro: infatti, dopo varie discussioni, fu ritenuto inopportuno un mio impiego. Non mi permisi di avanzare ciò che avrei potuto e tornai ad esercitare il mestiere che già svolgevo, ossia quello di banconista salumi. Non è questo il luogo deputato a una completa articolazione burocratica della figura richiesta, ma sarebbe interessante una lettura di uno studio condotto da professionisti come Anna Salerni, Maria Novella Storchi e Alessandro Sanzo, studio che mette in fuoco come sia difficile delineare i contorni e i titoli di una figura come l’educatore professionale che solo da pochi anni a questa parte comincia ad affacciarsi sul mercato del lavoro senza conoscere un’istituzionalizzazione in un albo. Si potrebbe anche citare il periodo antecedente la Legge Quadro 328 del 2000, quando ancora queste figure venivano attinte dalle Scienza Umane.

• Maggio 2012-Luglio2012: nel corso di questi quattro mesi, si cercarono altre figure titolate ad espletare il servizio di educativa domiciliare, senza alcun risultato positivo e con la conseguenza di lasciare vacante un posto la cui funzione era diventata oramai una necessità per più utenti, così come poi si è dimostrato nei mesi successivi. Dunque, dopo il rifiuto di uno psicologo, dopo l’impossibilità di assumere una figura non titolata ma caldeggiata da un indignado fluttuante, venni nuovamente ricontattato da uno dei dirigenti della Cooperativa appaltante per chiedermi nuovamente la disponibilità a ricoprire un ruolo dove nessuno era stato individuato, nonostante i mesi trascorsi vanamente alla ricerca del profilo idoneo.

• Luglio 2012-Maggio 2013: ad oggi, dopo quasi una anno di esperienza in questo percorso, numerose sono state le gratificazioni professionali ricevute, sia dagli utenti sia dai miei superiori per i risultati raggiunti. E non appena avessi avuto la sensazione di non saper svolgere questa funzione, o se anche solo per un minuto avessi percepito la sensazione di aver rubato qualcosa a qualcuno, mi sarei tirato indietro all’istante. Chi mi conosce sa che non ho mai disdegnato alcun mestiere durante gli anni della carriera universitaria; e ora che comincio a raccogliere qualche frutto dei miei sacrifici non permetto a nessuno di inquinare la mia reputazione costruita negli anni precedenti. Non è una mia consuetudine fare apologie, ma in questo caso mi è parso doveroso citare, con carte alla mano, il mio percorso formativo affinché i cittadini possano giudicare, purché affrancati da lezioni di dubbia moralità.

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