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Oria: ecco la sentenza che potrebbe aumentare i consiglieri a sostegno di Pomarico

Politica

Scritto da il 19 Maggio 2011 - 18:24

Le speranze del centro-sinistra di ottenere il bonus di maggioranza prendono forma.

Apprendiamo in queste ore maggiori dettagli sulla questione annunciata in mattinata e pubblichiamo integralmente la sentenza del Consiglio di Stato n.03022/2010 del 2 marzo 2010. Il tutto ruota intorno al concetto di voto valido.

Secondo diversi esponenti del centro-sinistra oritano, quanto stabilito dai giudici in quella sentenza implicherebbe il diritto al bonus per la colazione a sostegno di Pomarico.
In concreto l’innalzamento al 60% dei seggi significherebbe avere nell’assise comunale 10 consiglieri di maggioranza e soli 6 consiglieri di opposizione.

A seguire pubblichiamo le dichiarazioni di alcuni senatori del PD che hanno posto un’interrogazione al Ministro Maroni.

A voi le interpretazioni e i commenti.

N. 03022/2010 REG.DEC. N. 09672/2009 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente DECISIONE Sul ricorso numero di registro generale 9672 del 2009, proposto da: Giuseppe Rossetto, Roberto Cerrato, Giovanni Malcotti, Mariella Bottallo, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Vittorio Barosio, Mario Contaldi, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via Pierluigi Da Palestrina,63; contro Comune di Alba; U.T.G. – Prefettura di Cuneo, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi dall’Avv. Maurizio Borgo, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti di Maurizio Marello, Pierangelo Bonardi, Olindo Cervella, Antonio Degiacomi, Leopoldo Foglino, Luigi Garassino, Alberto Gatto, Roberto Giachino, Marta Giovannini, Mariangela Roggero, Massimo Scavino, Claudio Tibaldi, Fabio Tripaldi, Giovanni Battista Panero, Gianfranco Maggi, Elena Di Liddo, Luca Magliano, Adolfo Ricca, Lorenzo Paglieri, rappresentati e difesi dall’Avv. Ugo Petronio, con domicilio eletto presso Ugo Petronio in Roma, via G. Fauro N.43; per la riforma della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE II n. 02316/2009, resa tra le parti, concernente OPERAZIONI ELETTORALI – VERIFICA DEI VOTI – TURNO DI BALLOTTAGGIO.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Cuneo e di Maurizio Marello e di Pierangelo Bonardi e di Olindo Cervella e di Antonio Degiacomi e di Leopoldo Foglino e di Luigi Garassino e di Alberto Gatto e di Roberto Giachino e di Marta Giovannini e di Mariangela Roggero e di Massimo Scavino e di Claudio Tibaldi e di Fabio Tripaldi e di Giovanni Battista Panero e di Gianfranco Maggi e di Elena Di Liddo e di Luca Magliano e di Adolfo Ricca e di Lorenzo Paglieri e di Ministero dell’Interno; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 marzo 2010 il Cons. Bernhard Lageder e uditi per le parti gli Avv.ti Barosio, Paglieri, Petronio e l’Avv. dello Stato Vitale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO 1. Il T.A.R. per il Piemonte, con la sentenza in epigrafe, respingeva il ricorso proposto da Rossetto Giuseppe, Cerrato Roberto, Malcotti Giovanni e Bottallo Mariella, nella loro qualità di candidati consiglieri comunali di alcune delle (nove) liste collegate con il candidato sindaco Carlo Castellengo, avverso le operazioni elettorali dell’ufficio elettorale centrale di Alba relative alle elezioni per il rinnovo della carica di sindaco e del consiglio comunale di Alba – comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti – svoltesi il 6 e 7 giugno 2009, con le quali alle liste collegate al sindaco eletto al turno di ballottaggio, Marello Maurizio, era stato attribuito il c.d. premio di maggioranza con assegnazione di 12 seggi del consiglio comunale (anziché 8, come preteso dai ricorrenti), mentre alle liste collegate al candidato sindaco non eletto, Castellengo Carlo, erano stati assegnati soli 7 seggi (anziché 11, come sostenuto dai ricorrenti) dei 20 complessivi. 2. In stretta linea di fatto, occorre precisare: – che nell’elezione del sindaco al primo turno di voto erano stati espressi 19.478 voti validi; – che i due candidati maggiormente votati erano Castellengo Carlo (con 8.980 voti conseguiti) e Marello Maurizio (con 8.064 voti conseguiti), ammessi al turno di ballottaggio svoltosi nei giorni 21 e 22 giugno 2009, al cui esito veniva proclamato sindaco Marello Maurizio, avendo ottenuto 9.827 voti contro i 7.141 voti conseguiti da Castellengo Carlo; – che, nell’elezione dei consiglieri comunali, il totale dei voti validi di lista espressi era di 17.705, di cui 9.134 voti conseguiti dalle liste collegate al candidato sindaco non eletto; – che l’ufficio elettorale aveva calcolato la percentuale dei voti validi ottenuti al primo turno dalle liste collegate al candidato sindaco non eletto, Castellengo Carlo, sul montante costituito dai voti validi espressi nell’elezione del sindaco (19.478 voti), e non su quello costituito dai voti validi complessivi di lista (17.705 voti), di conseguenza accertando che non era stata superata la percentuale del 50% dei voti validi, in ipotesi impeditiva dell’attribuzione del c.d. premio di maggioranza alle liste collegate al candidato sindaco uscito vittorioso dal ballottaggio, ai sensi dell’art. 73, comma 10, secondo alinea, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. 3.

Il T.A.R. respingeva la tesi dei ricorrenti, secondo cui il calcolo della percentuale del 50% in favore delle liste collegate al candidato sindaco non eletto dovesse eseguirsi sul montante costituito dai soli voti validi di lista, ritenendo dunque corretto l’operato dell’ufficio elettorale, il quale aveva assunto a base di calcolo anche i voti validi espressi al primo turno nell’elezione di sindaco. 4. Avverso tale sentenza proponevano appello i ricorrenti soccombenti, contrastando l’interpretazione della citata norma di legge fornita dal T.A.R., e proponendo al riguardo un unico complesso motivo (“Violazione di legge, con riferimento all’art. 73 del d.lgs. n. 267/2000. Erroneità, genericità e contraddittorietà della motivazione relativa, in particolare, all’interpretazione dell’ art. 73 comma 10 del d.lgs. n. 267/2000”).

Chiedevano dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado, con ogni conseguenza di legge. 5. Si costituivano in giudizio gli appellati meglio indicati in epigrafe (resistenti e controinteressati in primo grado), contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione. 6. All’odierna pubblica udienza la causa veniva discussa e trattenuta in decisione previa lettura della parte dispositiva della sentenza. DIRITTO 1. Premesso che devono ritenersi incontroversi i fatti esposti sopra sub 2., si osserva che l’appello, incentrato sul motivo di gravame dell’erronea e contraddittoria interpretazione dell’art. 73, comma 10, secondo alinea, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, è infondato.

2. La questione centrale della presente controversia è costituita dall’interpretazione della citata disposizione di legge, nella parte in cui configura quale fatto impeditivo dell’attribuzione del c.d. premio di maggioranza alle liste collegate al candidato sindaco, eletto nel turno di ballottaggio, il superamento nel primo turno elettorale, da parte di altra lista o collegamento di lista, del 50% dei voti. Il citato comma 10 testualmente dispone: “10. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi.

Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8”. Segnatamente, si controverte attorno al quesito, se il “50 per cento dei voti validi” debba essere calcolato (i) sui soli voti validi complessivi conseguiti al primo turno dalle liste concorrenti all’elezione, oppure (ii) sui voti validi complessivi conseguiti al primo turno dai candidati alla carica di sindaco (e dunque, oltreché sui voti di lista automaticamente assegnati al candidato sindaco collegato alla lista ai sensi dell’art. 72, comma 3, d. lgs. n. 267/2000, anche sui voti espressi singolarmente a favore dei soli candidati sindaci senza voti di lista, in esplicazione del c.d. voto disgiunto).

3. Ritiene il Collegio che a favore della seconda alternativa, di cui sopra sub(ii), militino una serie di argomenti interpretativi di natura letterale, logico-sistematica e teleologica. 3.1. In primo luogo, il legislatore, laddove nell’ambito del testo normativo in esame si è voluto riferire ai soli voti di lista, ha usato l’espressione “cifra elettorale” (v., ad es., il comma 5 dell’art. 73: “La cifra elettorale di una lista è costituita dalla somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del comune”), anche ai fini del calcolo dei seggi da attribuire alle singole liste o gruppi di liste collegate (v. comma 8 dell’art. 73). Laddove, invece, ha voluto riferirsi quale base di calcolo di una percentuale alla totalità dei voti espressi, compresi quelli per l’elezione alla carica di sindaco, ha usato l’espressione “voti validi”. Al riguardo, assume particolare rilevanza la formulazione dell’art. 72, comma 9, disciplinante l’elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, la quale testualmente dispone: “Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma 7, con la lista o il gruppo di liste per l’elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco il candidato più anziano d’età”.

La norma oggetto della diatriba ermeneutica de qua, nella parte in cui prevede quale condizione negativa dell’attribuzione del c.d. premio di maggioranza il mancato superamento nel primo turno, da parte di lista (o gruppo di liste) diversa da quella collegata al candidato sindaco eletto, del “50 per cento dei voti validi”, non può non essere letta nel senso di riferirsi, quale base di calcolo di tale requisito negativo, alla totalità dei voti validi espressi nell’elezione del sindaco, che per definizione supera la totalità dei voti di lista, essendo i voti espressi a favore delle sole liste automaticamente attribuiti al candidato sindaco ad esse collegato, mentre i voti espressi per il solo candidato alla carica di sindaco non si trasmettono alle liste collegate (v. art. 6, comma 3, d.p.r. n. 28 aprile 1993, n. 132: “Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, l’indicazione di voto apposta sul nominativo del candidato alla carica di sindaco o sul rettangolo che contiene il nominativo stesso vale solo come voto per il candidato stesso, esclusa ogni attribuzione di voto alla lista o alle liste collegate”; nonché art. 72, comma 3, ultimo alinea d.lgs. n. 267/2000: “Ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo”). In applicazione del criterio ermeneutico della presuntiva costanza terminologica del legislatore nell’ambito di uno stesso testo normativo, si osserva che il legislatore, qualora avesse voluto riferirsi alla diversa base di calcolo dei soli voti di lista, avrebbe fatto ricorso alla diversa ed univoca locuzione “50 per cento delle cifre elettorali complessive”, impiegata nel precedente articolo di legge nella disciplina dell’elezione del sindaco nella stessa categoria di comuni, mentre, usando la locuzione “50 per cento dei voti validi”, deve ritenersi che abbia inteso riferirsi alla maggioranza assoluta della totalità dei voti validi, anche di quelli espressi per il candidato sindaco (in coerenza con le stesse, identiche parole usate negli artt. 71, comma 10, e 72, comma 4, nonché, per le lezioni provinciali, nell’art. 74, commi 6 e 11, dello stesso testo legislativo).

3.2. In secondo luogo, sotto un profilo d’interpretazione logico-sistematica, il regime delle elezioni comunali disegnato nel d.lgs. n. 267/2000 è improntato al principio maggioritario, da qualificarsi come tendenziale regola generale che informa la disciplina della materia in esame ed opera (i) in modo pieno nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, dove a norma dell’art. 71, commi 1 e 5, l’elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario contestualmente alla elezione del sindaco, con attribuzione di due terzi dei seggi alla lista collegata al candidato sindaco che ha riportato il maggior numero di voti, e (ii) in modo attenuato nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, dove a norma dell’art. 73, comma 10, alle liste collegate al candidato sindaco proclamato eletto al primo turno (ipotesi di sindaco c.d. “forte”, nell’accezione forgiata da Corte Cost. 4 aprile 1996, n. 107, con riferimento alla previgente disciplina di cui alla l. 25 marzo 1993, n. 81, in parte qua identica), le quali non abbiano già conseguito il 60% dei seggi a norma del comma 8, ma abbiano ottenuto almeno il 40% “dei voti validi”, nonché alle liste collegate col candidato sindaco proclamato eletto al turno di ballottaggio (ipotesi di sindaco c.d. “debole”), le quali non abbiano già conseguito il 60% dei seggi a norma del comma 8, viene assegnato il 60% dei seggi a condizione che nessun’altra lista o gruppo di liste collegate al primo turno abbia superato il 50% “dei voti validi”. La regola del c.d. premio di maggioranza, diversamente modulata nei comuni a popolazione rispettivamente inferiore o superiore ai 15.000 abitanti e, nell’ambito di questi ultimi, ulteriormente differenziata a seconda che si tratti di garantire la governabilità del comune guidato da un sindaco “forte” o “debole” – rafforzandone l’operatività in quest’ultima ipotesi –, è dunque destinata a subire una deroga in favore del sistema proporzionale nel solo caso, in cui le liste diverse da quelle collegate al candidato eletto sindaco abbiano superato il 50% dei voti validi (nel primo turno, non essendo più spazio per i voti di lista nel secondo turno).

Orbene, integrando l’ipotesi da ultima contemplata una fattispecie derogatoria alla regola del principio maggioritario, che tendenzialmente informa il sistema di voto nelle elezioni comunali quale delineato dagli artt. 71, 72 e 73 d.lgs. n. 267/2000, e trattandosi dunque di norma eccezionale, la stessa va interpretata in modo restrittivo, sicché anche per tale ragione s’impone la soluzione ermeneutica sposata dai primi giudici, di rapportare la percentuale derogatoria del 50% a tutti i voti validi espressi nel primo turno per l’elezione di sindaco, e non solo ai voti di lista. Opinando diversamente, si perverrebbe al risultato assurdo, certamente esulante dalla voluntas legis, di paralizzare l’attribuzione del c.d. premio di maggioranza anche nei casi, in cui solo una minoranza dell’elettorato abbia espresso il voto di lista e la maggioranza si sia limitata ad esprimere il voto per i candidati alla carica di sindaco. In casi siffatti, sarebbe del tutto irragionevole controbilanciare la posizione del sindaco, il quale abbia conseguito la maggioranza assoluta dei voti validi senza il sostegno di una lista o di un gruppo di liste munite di una maggioranza altrettanto assoluta, con una maggioranza di consiglieri esponenti di liste a lui antagoniste, in ipotesi espressione di una percentuale dell’elettorato di gran lunga inferiore alla maggioranza assoluta dei voti validi espressi nell’elezione del sindaco.

Solo rapportando “il 50 per cento dei voti validi”, di cui al comma 10 dell’art. 73, al numero complessivo dei voti espressi nel primo turno, compresi quelli per la sola elezione del sindaco, la norma va ricondotta a razionalità, in quanto in tal caso soltanto rimane giustificato – nel disegno del legislatore – il contrappeso della diversa composizione del consiglio comunale quale espressione rappresentativa di una maggioranza di voti di lista divergente da quella conseguita dalle liste collegate al sindaco eletto con la maggioranza assoluta dei suffragi. Né appare fondata l’obiezione degli appellanti, secondo cui, così operando, si determinerebbe un’irragionevole commistione di grandezze non omogenee – da una parte, dei voti conseguiti nel primo turno dalla lista o dal gruppo di liste non collegate al sindaco uscito vittorioso dal secondo turno e, dall’altra parte, dei voti conseguiti dalle liste oltre ai voti complessivi espressi a favore dei soli candidati sindaci –, in quanto la previsione della percentuale del 50% dei voti validi conseguiti dalle liste antagoniste nel primo turno quale condizione impeditiva dell’attribuzione del c.d. premio di maggioranza alle liste collegate al sindaco eletto al secondo turno trova la sua ragione giustificatrice proprio nella finalità di controbilanciare la scarsa rappresentatività delle liste collegate al sindaco eletto, in un contesto caratterizzato dalla frammentazione dei suffragi espressi nell’elezione del sindaco d’un lato e dei voti di lista espressi nell’elezione dei consiglieri comunali d’altro lato, e dunque va ragionevolmente rapportata ai voti complessivi espressi nel primo turno nell’elezione del sindaco, solo in tal modo restando – secondo la mens legis – giustificata la deroga all’attribuzione del c.d. premio di maggioranza alle liste o al gruppo di liste collegate col sindaco eletto in sede di ballottaggio.

3.3. Infine, sotto un profilo teleologico, la previsione del c.d. premio di maggioranza in favore della coalizione collegata al sindaco eletto al turno di ballottaggio, che non abbia già conseguito il 60% dei seggi, assolve alla funzione di garantire la governabilità dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti anche nel caso in cui, per effetto del meccanismo del voto disgiunto, il corpo elettorale si presenta particolarmente frammentato, posto che né alcun candidato sindaco, né alcuna lista hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validi al primo turno. L’art. 73, comma 10, d.lgs. n. 267/2000 ha inteso assicurare, per regola generale, al sindaco eletto almeno il 60% dei seggi del consiglio, onde garantire un ampio margine di governabilità degli enti locali, attraverso la precostituzione, in favore del sindaco eletto, di una larga maggioranza in consiglio comunale, che gli consenta di portare agevolmente a termine il mandato. Ne consegue che l’ambito di applicazione del correttivo all’attribuzione del premio di maggioranza, in omaggio all’opposto e recessivo principio di garantire la rappresentatività del voto espresso nell’elezione dei consiglieri comunali, debba essere interpretato restrittivamente, onde preservare il valore fondamentale della governabilità degli enti territoriali all’esame, desumibile dalla regola generale del maggioritario individuata dal legislatore quale criterio ispiratore della disciplina delle elezioni comunali. 4. La gravata sentenza va dunque confermata.

Considerata la natura della controversia, si ravvisano giusti motivi per dichiarare le spese del grado interamente compensate fra tutte le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello, confermando l’impugnata sentenza; dichiara le spese del grado interamente compensate tra tutte le parti. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2010 con l’intervento dei Signori: Stefano Baccarini, Presidente Filoreto D’Agostino, Consigliere Francesco Caringella, Consigliere Adolfo Metro, Consigliere Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore L’ESTENSORE IL PRESIDENTE Il Segretario DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 14/05/2010 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) Il Dirigente della Sezione


“Il ministro Maroni dovrebbe dare, da subito, la più ampia diffusione possibile alla sentenza del Consiglio di Stato che rende quasi impossibili i cosiddetti casi di ‘anatra zoppa’”. Lo chiedono, in un’interrogazione rivolta al ministro dell’Interno, i senatori del Pd Stefano Ceccanti, Francesco Sanna e Giovanni Legnini. Nell’interrogazione i senatori democratici ricordano i casi verificatisi in alcuni Comuni, ad esempio a Cagliari e Laciano, “in cui la mera lettura dei dati dal sito del Ministero che presentano separatamente le percentuali dei voti validi per i candidati sindaci e per le liste e coalizioni può indurre in errore ai fini dell’attribuzione del premio di maggioranza nei confronti del sindaco eletto al secondo turno che il Testo Unico Enti Locali condiziona al fatto che nessuna altra lista o coalizione non abbia già ottenuto al primo turno almeno il 50 per cento più uno dei voti validi”. “Dopo la sentenza n. 03022/2010 del Consiglio di Stato – si legge ancora nell’interrogazione – si è pacificamente assestata l’interpretazione che elimina i dubbi interpretativi sui cosiddetti casi di ‘anatra zoppa’, in cui cioè a favore del sindaco eletto al ballottaggio non scatta il premio di maggioranza, quando una coalizione diversa abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Come impone in modo tassativo il Consiglio di Stato occorre che una coalizione raggiunga tale soglia dividendo i suoi voti per l’insieme dei voti validi dati alle liste e ai candidati sindaci, considerando anche i voti dati al solo sindaco. E’ quindi evidente – concludono i senatori del Pd – che chiunque vinca al ballottaggio a Cagliari e Lanciano vedrà scattare a suo favore il premio di maggioranza del 60 per cento. Ricordarlo non sarebbe male e chiediamo al ministro Maroni di farlo al più presto”.

Oria: ecco la sentenza che potrebbe aumentare i consiglieri a sostegno di Pomarico

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