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BAT – case per i lavoratori stagionali?

Dall'Italia e dal mondo

Scritto da il 12 Settembre 2010 - 15:10

New towns nel cuore della sesta provincia. Perché no?

Negli stati Uniti, i nostri immigrati soggiornavano presso case di legno prefabbricate.
Qui da noi, in Italia, chi immigrava verso nord viveva in abitazioni fatiscenti.
Attraversando le murge, al confine con la Basilicata, l’orizzonte si apre oggi in sconfinate distese di prati, valli, masserie, fortini, jazzi (ricoveri per animali), e si scorgono pannelli fotovoltaici e pale eoliche in numero sempre crescente. Di case abitate, in quella zona, non vi è alcuna traccia, mentre abbondano immagini di lavoratori stagionali alle prese con la raccolta dei frutti della terra. Questi lavoratori dormono e si lavano dove e come possono per essere attivi, all’indomani, nei campi. Si tratta perlopiù di lavoratori extracomunitari. Che fare? Perché non realizzare vere e proprie “cittadine” a norma e relativamente autosufficienti sul piano idraulico e su quello elettrico? I centri d’accoglienza rappresentano un onere per lo Stato italiano, in ispecie per le regioni, le province, i comuni, ma anche per i cittadini.

La costruzione dei C.P.A. ha rappresentato un tentativo parziale di risposta alla crisi economica dell’ultimo decennio, ma ascoltando queste persone si avverte la loro esigenza di integrarsi e di autorealizzarsi alla stregua di quanto è avvenuto per i nostri antenati. Si pensi al caso delle riserve indiane, dove un tempo viveva un popolo emarginato, radicate in una terra falcidiata dal vento e pressoché impossibilitate a sopravvivere. I giovani della tribù di Toro seduto, oggi, vivono bene in tali riserve. Perché? Hanno semplicemente impiantato delle pale eoliche, trasformando un limite in una risorsa.

Il Vangelo di Matteo (20,1-16) racconta la Parabola degli operai delle diverse ore.
1 «Il regno dei cieli infatti è simile a un padrone di casa, che di buon mattino uscì per prendere a giornata dei lavoratori e mandarli nella sua vigna. 2 Accordatosi con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 3 Uscito poi verso l’ora terza, ne vide altri che stavano in piazza disoccupati. 4 E disse loro: “Andate anche voi nella vigna e io vi darò ciò che è giusto”. Ed essi andarono. 5 Uscito di nuovo verso l’ora sesta e l’ora nona, fece altrettanto. 6 Uscito ancora verso l’undicesima ora, ne trovò altri che se ne stavano disoccupati e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far nulla?”. 7 Essi gli dissero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna e riceverete ciò che è giusto”. 8 Poi fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e paga loro il salario, cominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9 E, venuti quelli dell’undicesima ora, ricevettero ciascuno un denaro. 10 Quando vennero i primi, pensavano di ricevere di più, ma ricevettero anch’essi un denaro per uno. 11 Nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa, 12 dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato solo un’ora, e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso e il caldo della giornata”. 13 Ma egli, rispondendo, disse a uno di loro: “Amico, io non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi ciò che è tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. 15 Non mi è forse lecito fare del mio ciò che voglio? O il tuo occhio è cattivo, perché io sono buono?”. 16 Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi, perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Diamo una chance agli ultimi.
Ai primi eletti della nuova provincia proponiamo, pertanto, di essere i buoni “padroni” della citata Parabola.

Paco Francesco Cosentino
Antonio Russo
Coordinamento “Linea Sottile”

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