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Francavilla Fontana: “non uccidete il pensiero”

Cultura, Provincia di Brindisi

Scritto da il 26 Settembre 2011 - 1:43

Diamo spazio alle parole di un cittadino francavillese.

Non uccidete il pensiero

Quando una comunità è miope davanti allo sgretolamento della sua identità storica e non ha i contenuti e i metodi per essere contestuale al suo ambiente, diviene arrogantemente autoreferenziale e vuota.

Ci fu un tempo in cui le barriere avevano il compito di preservare la memoria del passato all’interno del presente, un presente sempre più veloce e distratto. Ma le barriere si sa, hanno il compito di essere infrante, soprattutto quelle psicologiche e culturali, legate ad atavici pregiudizi che ci possono rendere poco inclusivi. Tuttavia, le barriere legate alla memoria storica, al rispetto e al cordoglio, hanno la funzione politica e culturale di ricordare ai posteri, chi sono e da dove vengono, e quindi ad essere contestuali.

Un tempo piazza Vittorio Emanuele II di Francavilla Fontana, meglio nota alla comunità locale come “Piazza ti lu monumentu”, aveva un volto diverso da quello attuale; presentava una recinzione centrale, che custodiva appunto “lu monumentu” dei caduti di tutte le guerre. Doveva essere evidentemente un luogo che richiedeva rigore e rispetto, se gli abitanti di allora avevano ritenuto opportuno inserirlo nel centro della cittadina e oltretutto custodirlo. Sarebbe stato antropologicamente interessante, poter ascoltare il commento di quegli abitanti, se solo per qualche minuto avessero potuto affacciarsi dopo qualche decennio su quella piazza, durante la cosiddetta “Notte degli Imperiali”; Imperiali che con i caduti non avevano ovviamente niente a che fare; anche se con il revisionismo che sta subendo la storia della suddetta cittadina negli ultimi anni, qualcuno potrebbe ipotizzare che in realtà quei caduti, erano soldati armati dagli Imperiali nel ‘700, per compiere le crociate insieme a Federico II, che intanto era resuscitato, per riportare a Francavilla Fontana il Santo Graal, perché era notoriamente appartenuto a Filippo d’Angiò, poichè donatogli dalla Madonna Maria Santissima della Fontana per bere dalla fonte sacra, intorno alla quale avrebbe poi costruito la cittadina stessa.

Finchè qualcuno non asserirà cotanto, il monumento dei caduti di tutte le guerre dovrebbe essere un luogo della memoria e di rispetto.Ma la ricerca spasmodica del piacere effimero e del risultato estemporaneo, allontana prepotentemente la memoria dei luoghi e della storia, creando un vuoto culturale che soffoca la fantasia, uccidendo così ogni formulazione di pensiero, soprattutto quello critico.

Tutto questo è funzionale a chi ha bisogno di circondarsi di mediocri e di colmare quel vuoto con un bene spesso materiale e apparente.Ed è così che la “chiazza ti lu monumentu”, diviene il luogo dove la musica commerciale rimbomba tra i palazzi storici che su di essa si affacciano, i ragazzi e le ragazze divertite utilizzano gli scalini come pista da ballo, qualcuno bivacca o alza il gomito ai piedi delle statue, davanti agli sguardi inermi degli adulti, che sorridono e annuiscono come a compiacersene.Le Notti Bianche frutto della Roma “neorascimentale” veltroniana, sono dei luoghi ben lontani dalle variopinte sale da discoteca francavillesi.

Le sporadiche e non organiche iniziative meramente artistiche e comunque di qualità, sono il risultato di una proposta partecipata.

Questo deve farci riflettere molto. Anziché soffermarci sulla edificazione di nuovi totem autocelebrativi, dovremmo concentrarci per tutelare il patrimonio storico, artistico e culturale preesistente, anche attraverso l’intervento di nuove iniziative, ma senza dimenticare l’aspetto contestuale.

Il compito delle nuove generazioni è sempre stato quello di andare oltre, senza la rottura degli schemi non c’è evoluzione, non c’è futuro, quindi non c’è storia. Ma “contemporaneizzarsi” non deve essere sinonimo di rottura, deve essere invece frutto di un percorso contestualizzato, per evitare che qualcuno un giorno possa chiedere di festeggiare Halloween nel cimitero di Via San Vito. Per carità, un’idea originale, ma a quel punto bisogna avere l’umiltà di definirci per ciò che siamo. Per evitare tutto questo, non uccidete il pensiero. Grazie.

Giuseppe Leone

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